Il cielo che dall’azzurro vira verso il piombo. Nubi squarciate. I rumori che improvvisamente si fanno più gravi, attutiti da una atmosfera ovattata lontana. I palazzi chiari sembrano catturare gli ultimi sprazzi di luce che emergono dalla schiena scura delle nubi. Le pietre che lentamente si abbandonano al grigio, come a rinunciare alle difese per lasciarsi bagnare finalmente dalla pioggia.
L’attesa per un momento che deve arrivare ma che non ha un orizzonte preciso.

La bellezza del cielo prima del temporale è come la bellezza degli occhi di una donna prima che si riempiano di lacrime. La pupilla che si fa brillante, il colore dell’iride che risplende di luce, le ciglia che si chiudono piano e trattengono le prime gocce finchè l’argine non si spezza.
L’impressionante potenza emotiva delle cose tristi.

Gocce di pioggia dal finestrino, con un cielo che annuncia ancora temporale
Gocce di pioggia dal finestrino, con un cielo che annuncia ancora temporale – © Pexels

I giapponesi si affidano all’onomatopea per esprimere l’arrivo della pioggia. Usano i suoni anzichè le parole quando queste non servono. E dividono in fasi il momento, spezzettando in emozioni quegli istanti in cui le nubi, come le ciglia, sono vinte dalla forza dell’acqua. “potsu-potsu” è “piano piano“: le prime flebili gocce cominciano a cadere quà e là, sparse come puntini da unire in un ordito trasparente. Poi c’è “shito-shito“, il piovigginare. La pioggerella leggera, l’avvicinarsi dei puntini, l’aggiungere rapido la trama a dar vita al disegno. Infine “zaa zaa“, la pioggia battente che fende l’aria come una lama, tagliandola e rubandole la scena. “zaa-zaa” è anche interferenza, un suono che conserva una sfumatura di negativo, un che di fastidioso rumore: disarmonico, fendente, così diverso rispetto al suono più calmo e piacevole degli attimi in cui il cielo prepara la carica.

Ho scattato queste foto sabato mattina, dalla prospettiva privilegiata che mi offre la Piazza più suggestiva della mia città durante la Fiera Antiquaria. Mi ha sempre affascinata la pioggia. O meglio, mi hanno sempre affascinata quegli istanti che precedono il temporale, quando il cielo cambia improvvisamente e l’atmosfera attorno segue a ruota: nel giro di pochi istanti i suoni, i profumi, i colori mutano di colpo e tu di colpo non puoi fare a meno che ritrovarti inerme, ad abbandonarti all’evento. Ti guardi attorno un po’ frastornato ed hai tutto il tempo per soffermarti a captare il cambiamento che t’investe. Come la pioggia.

Hai mai provato ad annusare l’aria quando sta per piovere? O a tendere l’orecchio e cercare di percepire il cambiamento dei rumori attorno? Improvvisamente s’approfondiscono e si fanno penetranti, come erompessero dalle viscere di un pozzo collocato in qualche dove remoto. Penetranti, più profondi si fanno anche gli odori, come se d’improvviso si aprisse il tappo di un vaso contenente centinaia di profumi prima rarefatti nell’aria.

Fa riflettere la pioggia, a me fa scrivere di più e meglio, forse perchè suscita il bisogno di rallentare tutto. Prendermi il tempo necessario a soppesare tutto ciò che ho nella mente, darle uno stop ed ordinare bene le idee prima di riversarle su carta. Forse perchè d’improvviso la pioggia cancella tutto il resto e diventa regina, costringendoti a cambiare qualcosa che altrimenti sarebbe rimasto com’è. E tutto il resto va da parte. Come la scena finale di un dramma teatrale, con la protagonista al centro della scena, in silenzio. A regnare presenza e silenzio. Qui invece è il rumore della pioggia a silenziare tutto il resto: la pioggia, il suo rumore. La protagonista e il suo silenzio. Ed il tuo costringerti a cambiare. Ed il tuo iniziare a navigare…

Piazza Grande ad Arezzo con la Fiera Antiquaria ed il preavviso di un temporale
Piazza Grande ad Arezzo con la Fiera Antiquaria ed il preavviso di un temporale – © Carlotta A. Buracchi